Come si coltiva il riso?
Il riso nasce e cresce nelle terre d’acqua, quegli specchi d’acqua dai contorni ben definiti che tracciano le risaie e i canali.
Molto importante è la preparazione del terreno per la semina, subito dopo la raccolta precedente in autunno o subito prima della semina in primavera. Il terreno per la coltura è sempre perfettamente livellato, diviso in vasche più o meno grandi, dette camere, mediante piccoli argini di terra. Queste camere vengono riempite di acqua prima o dopo la semina a seconda della tecnica utilizzata.
Grazie alle moderne attrezzature laser oggi è possibile livellare con precisione il terreno per utilizzare solo la quantità di acqua realmente necessaria alla coltivazione, con un notevole risparmio di risorse idriche e con un maggiore controllo sugli infestanti.
La semina avviene meccanicamente.
Le due principali tecniche si differenziano in base al momento in cui avviene l’allagamento del campo.
La tecnica più classica prevede che il campo sia allagato prima della semina, quella più moderna distribuisce i semi di riso su terreno asciutto che viene allagato solo dopo che le piante sono germinate. La tecnica più recente è stata messa in atto per ridurre il consumo di acqua, ma alcune ricerche hanno mostrato risultati contrastanti: l’utilizzo di maggiori quantità di acqua, infatti, potrebbe anche costituire un vantaggio, a patto che il campo di riso non sia visto come un sistema chiuso e isolato ma sia inserito in un agroecosistema.
La più antica tecnica di semina in sommersione prevede un periodo di asciutta: dopo alcuni giorni dalla semina si toglie acqua alla risaia (in gergo, la camera viene messa in asciutta) per permettere alla piantina di riso di radicarsi bene sul terreno. Poi il campo viene allagato nuovamente.
Non è detto che l’acqua estratta debba però essere sprecata: quella drenata dalle camere può essere riciclata per irrigare altre camere a riso e altre colture.
Inoltre tutta l’acqua immessa nei campi all’inizio del ciclo colturale serve a caricare le falde e stoccarla per il periodo estivo, quando potrebbero presentarsi problemi di scarsità d’acqua.
Con questa tecnica, detta del “flow-through” (sommersione permanente), il sistema di irrigazione convenzionale, l’acqua viene fornita e regolata attraverso una serie di paratoie dal bacino più alto a quello più basso. Durante il periodo di coltivazione del riso, l’acqua viene comunemente mantenuta a una profondità di 4-8 cm e drenata 2 o 3 volte durante la stagione per migliorare la radicazione delle colture, ridurre la crescita delle alghe e consentire l’applicazione di erbicidi.
La fertilizzazione mira principalmente a ripristinare i principali nutrienti delle piante rimossi dalle colture e mantenere la fertilità del suolo.
Perché l’acqua?
Il vantaggio competitivo del riso, è che è una pianta semi-acquatica, quindi ama l’acqua, a differenza della gran parte delle malerbe, che ne infestano i campi. Questa sostanziale differenza permette all’agricoltore di gestire le malerbe (almeno in parte) gestendo l’acqua in campo che andrà ad eliminare le erbe infestanti che ridurrebbero il raccolto.
Il secondo vantaggio competitivo è il motivo per cui i campi si mantengono sommersi di acqua.
Il termine “volano termico” definisce la capacità di un sistema di trattenere e di rilasciare gradualmente il calore “immagazzinato”.
Specialmente in certe fasi del ciclo vitale del riso, infatti, si può rischiare una riduzione del raccolto potenziale a causa delle temperature basse. L’acqua che sommerge il campo, grazie alla sua inerzia termica, mantiene un microclima costante. Così, anche nel caso di forti escursioni termiche giornaliere, la pianta di riso avrà modo di esprimere tutto il suo potenziale produttivo.
Le risaie consumano tanta acqua
Senza prendere in considerazione il contesto e considerando solo i volumi di acqua che sono immessi in una risaia quest’affermazione è sicuramente vera.
Quello che differenzia però la risicoltura dalle altre coltivazioni e un coltivatore di riso da un altro è la gestione che si fa dell’acqua utilizzata: l’acqua entra nel campo, una piccola parte filtra nella falda freatica, la maggior parte rimane bloccata nel terreno del campo. Una parte dei flussi d’acqua del campo scorrerà in un altro campo e il ciclo continuerà. Se sapientemente gestita è possibile utilizzare solo l’acqua realmente necessaria, senza sprechi, ed è possibile riutilizzare quella in eccesso per l’irrigazione di altre colture e come “serbatoio” per la falda acquifera.
Le risaie infatti sono un fondamentale e molto esteso serbatoio di acqua: nelle camere e nelle falde sono stoccate grandi quantità di acqua. La loro estensione può essere vista anche dal punto di vista temporale, non solo territoriale: la ricarica della falda ad opera del riso avviene in un momento in cui l’acqua non serve per altre colture e viene poi resa disponibile in un lungo lasso di tempo anche per le altre coltivazioni.
Come approfondimento a questo tema consigliamo la lettura di questo testo: Ferrero A, Vidotto F., (2006), Agro-economical traits of rice cultivation in Europe and India. Edizioni Mercurio S.r.l, Vercelli.
Il Km 230:
Un esempio del nostro impegno nell’uso razionale della risorsa acqua è il sistema di ricircolo delle acque irrigue che abbiamo adottato su due settori risicoli della nostra azienda in Romania.
Nell’immagine è riportato l’esempio del settore Km230. Prima dei nostri interventi l’acqua veniva pompata dal Danubio nel canale aduttore principale del settore. Da qui attraverso varie diramazioni (canali colore blu) l’acqua veniva convogliata in ogni campo. L’acqua in eccesso e quella risultante dalla messa in asciutta venivano quindi raccolte da canali scaricatori (in rosso) e convogliati verso la stazione di ripompaggio (out) per essere ripompata nel Danubio. In sostanza si trattava di un sistema assai poco efficiente. Attraverso importanti opere di sbancamento e ripristino di vecchi canali, edificazione di nuove opere e di una stazione di ripompaggio siamo riusciti a creare un sistema virtuoso dove le acque in eccesso e le acque risultanti dalla messa in asciutta delle parcelle viene bloccata a sud del settore (punto A), da qui convogliata verso un ampio nuovo canale di stoccaggio e quindi ripompata nel sistema per essere riutilizzata.